La valigia quasi vuota by Haim Baharier

La valigia quasi vuota by Haim Baharier

autore:Haim Baharier [Baharier, Haim]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, General
ISBN: 9788811139331
Google: hZi-AgAAQBAJ
editore: Garzanti
pubblicato: 2014-01-28T23:00:00+00:00


Perché Chouchani fu sempre aspro nel consegnare i suoi pochi insegnamenti? Perché fu così avaro di parole? Il superbo è notoriamente ineccepibile, quantomeno così si fa percepire, perché lui no?

Anche la Torà che studio da anni è avara di parole, ma al tempo stesso molto esigente: sono molte le cose che esige dall’uomo e l’uomo arranca dietro i suoi precetti, rimane in debito perenne.

Le idee mi si chiarirono un po’ quando qualche anno fa rividi ormai malato e vicino alla fine il mio talmudista sarto. Aveva smesso di cucire abiti e lo studio gli riusciva difficile, poiché per principio lo aveva sempre correlato al lavoro.

Non gli chiesi di Chouchani. Gli chiesi invece di un passo della Torà che mi aveva lasciato sempre perplesso: nel Deuteronomio si narra di Mosè che affida la Torà, «il canto di rettitudine», alla tribù dei sacerdoti che per sempre dovranno custodirla. Non una custodia segreta, iniziatica. Anzi. Essi accettano con l’obbligo di leggerla al popolo ogni sette anni, in occasione del cosiddetto anno sabbatico. Perché, chiesi al talmudista, soltanto ogni sette anni? Perché qui la Torà è così poco esigente? «Almeno una volta ogni sette anni», parafrasò. «Non tutti ne fanno pane quotidiano come tu e io», sorrise.

Non fui troppo soddisfatto della risposta.

«Credo ci sia qualcosa di più», risposi un po’ piccato.

«Be’, se tu non avessi storto il naso, non ti avrei detto più nulla, ma vedo che da me hai imparato bene. La Torà procede a contropelo e allisciarla è un delitto.»

Riprese soddisfatto.

«Sai che nell’anno sabbatico la terra deve essere abbandonata, sottratta alla coltivazione e affidata a chi ne ha bisogno. Uno scardinamento che non c’entra con la rotazione agraria: un riposo fasullo, ti direbbe un bon paysan, poiché prima di lasciare completamente la terra a sé stessa il proprietario la sfrutterà al massimo per ottenere scorte. Lui sa che riprenderla in mano dopo equivarrà a ripartire da zero.»

Incominciavo a comprendere: «Quella lettura integrale al settimo anno mi appare sempre più un segnalibro messo su un corto circuito».

«È così! La Torà viene letta pubblicamente nell’anno che fa a pugni con ciò che consideriamo uno svolgimento utile e naturale. Io, Charly, ci ho sempre visto questo: se all’etica dedichi parte del tempo, le assegni uno spazio preciso e una cadenza, tutto salta. Il bene che si può avere mettendo in pratica dei precetti, dei principi, così come il bene che scaturisce da ciò che consideriamo in sintonia con il nostro mondo, non vale niente se non gli si inocula dentro, dolorosamente, dell’etica. Un contagio necessario: prima ci sembra a tutti gli effetti un agente alla pari, insieme al nostro ben operare e insieme agli insegnamenti dei nostri testi; poi capiamo che è in grado di entrare nel gioco di questi fattori e di modificarne il peso, la valenza. Un bel meccanismo, un buon sistema non porta all’etica, è per mezzo dell’etica che il sistema sta in piedi.»

Il caro vecchio maestro talmudista sarto mi cucì per sempre nell’anima questa convinzione: rimanere buoni ebrei rispettosi della Torà non è sufficiente.



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